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I mille usi del cardo

E’ una verdura invernale che viene raccolta da ottobre ai primi giorni di febbraio; il suo sapore è simile a quello del carciofo, caratteristico e amarognolo, ma con sfumature che ricordano il sedano.

Appartenete alla famiglia dei carciofi, il cardo è una pianta erbacea perenne in natura, annuale in coltura. E’ una verdura invernale che viene raccolta da ottobre ai primi giorni di febbraio; il suo sapore è simile a quello del carciofo, caratteristico e amarognolo, ma con sfumature che ricordano il sedano. A differenza del carciofo, dei cardi si consumano i gambi che sono lunghissimi, piuttosto duri e di sapore amaro: per questo le piante vengono sottoposte a imbiancamento cioè vengono coltivate in assenza di luce e alcune varietà vengono addirittura interrate, piegando le piante di lato, verso il basso e ricoprendole di terra fino al momento della raccolta (quest'ultimo procedimento viene impiegato per la varietà "Gobbo di Monferrato"); questo trattamento rende il gambo bianco e più tenero e il gusto più delicato al palato. 

 

Originario dell’Africa centrale e successivamente diffuso nell’area Mediterranea, il cardo viene coltivato da millenni: sono molte le testimonianze che dimostrano come gli antichi Romani avessero un debole per il cardo, tanto da inserirlo tra gli alimenti più pregiati dell’epoca.
Nei secoli successivi si perse un po’ d’interesse per il cardo come alimento, seppur i suoi semi venissero utilizzati per cagliare il latte e produrre formaggio. Tornò sulle tavole intorno al 1500 e un secolo più tardi ricominciano le testimonianze scritte in cui viene descritto come un alimento prelibato.

 

Di lì in poi l’ortaggio ha lasciato il posto ad altre verdure, divenendo sempre più un alimento di nicchia utilizzato per lo più per tradizione durante le feste. Al momento dell’acquisto occorre scegliere solo i cespi compatti e ben sodi, bianchi, con le coste belle piene e le foglie  di un verde brillante; è preferibile invece non acquistare i cardi dalle coste verdastre perché sicuramente risulterebbero amari ed aspri, e scartare senza ombra di dubbio quelli che presentano delle sfumature rosa, segno di un ortaggio non molto fresco.

 

I cardi vanno puliti al momento dell’utilizzo perché anneriscono molto,  come i carciofi. La pulizia di questa verdura non è difficile ma risulta un po' lunga e richiede tempo e pazienza perché occorre privare i gambi dei filamenti. Una volta tagliati, i gambi vanno conservati in acqua acidulata con succo di limone fino alla cottura. L’arte della cucina italiana ha riempito libri di ricette in cui il cardo è protagonista. Sono tutti piatti invernali, sia primi che secondi, in cui i cardi sono proposti sotto forma di zuppe, minestre ma anche come contorni accompagnati da salse e condimenti vari. Non mancano tuttavia i piatti unici, dove i cardi vengono cotti in umido, gratinati o abbinati a prodotti tipici del territorio, soprattutto carni, formaggi e insaccati. I cardi gobbi di Nizza Monferrato sono tenerissimi e sono gli unici che si possono consumare anche crudi, magari intinti nella tradizionale bagna cauda piemontese.

 

In Umbria sono tipici i cardi alla perugina, preparati alla parmigiana e in Abruzzo si prepara il cardone in brodo di gallina con polpettine, mentre la versione molisana prevede l’aggiunta di uova strapazzate a fine cottura. In Sicilia, a Messina, si consumano impanati e fritti con costine di maiale e agnello grigliate. Dal punto di vista nutrizionale le coste del cardo  sono ricche di acqua (94%) e fibre e per questo il cardo è un alimento utile per chi segue una dieta dimagrante in quanto produce rapidamente un notevole senso di sazietà senza apportare calorie; è consigliato anche per chi soffre di stitichezza e apprezzato per le sue virtù depurative e protettive nei confronti del fegato.

 

Un decennio fa sembrava che il cardo fosse destinato a rimanere relegato all’interno di orti familiari o di produttori in zone vocate e invece dal 2015 è partito un progetto in Sardegna per diffondere la coltivazione del cardo valorizzando le aree abbandonate non irrigue per alimentare il primo modello di bioraffineria integrata nel territorio che produce una gamma di prodotti chimici (biochemicals, biointermedi, monomeri per la produzione di bioplastiche, basi per biolubrificanti e bioadditivi per gomme) attraverso processi assolutamente innovativi e a basso impatto. Il cardo è una coltura poliennale che si semina un anno e si raccoglie per almeno sei anni. Non necessita di irrigazione e di concimazione azotata, richiede pochi diserbanti, frena i processi di erosione del suolo e di desertificazione, migliora le caratteristiche del suolo e lo arricchisce di sostanza organica.

 

Dai semi di cardo si estrae  un olio con il quale vengono realizzate farine proteiche destinate all’alimentazione delle pecore in parziale sostituzione della farina di soia geneticamente modificata. Questo progetto dunque favorisce  il rilancio di terreni marginali e/o incolti, offre una nuova opportunità di reddito per gli agricoltori e consente di ridurre la dipendenza dall’estero per le proteine vegetali.

 

Anche in Campania, nelle terre confiscate alla Camorra e donate ad una comunità inclusiva per soggetti svantaggiati, è nata una filiera per la produzione di bioplastiche sfruttando la pianta del cardo che viene trasformata in posate green biodegradabili e in teli per proteggere le piante, mentre con gli scarti della lavorazione si fanno dei pannelli per la produzione dei pregiati funghi cardoncelli. Il cardo: un ortaggio decisamente poco conosciuto, ma che ha tantissimo da svelare.

 


Published 09 January 2024