La parola al nutrizionista

Artiglio del diavolo: il cortisone naturale tra storia e medicina

L’Artiglio del Diavolo oggi è conosciuto in tutto il mondo per i suoi poteri medicamentosi sia in ambito umano che veterinario: nonostante il nome inquietante, dunque, è una pianta straordinariamente meritevole di attenzione.

L'artiglio del diavolo (Harpagophytum procumbens) è una pianta erbacea perenne  originaria dell’Africa meridionale, in particolare della Namibia, del Sud Africa e del Botswana dove cresce nella savana semidesertica e in terreni generalmente sabbiosi nella regione del Kalahari. "Harpagophytum" deriva dalle parole latine “harpago” che significa "uncino" e “phyton” che significa "pianta": la parte aerea della pianta possiede infatti numerose spine uncinate. "Procumbens" significa invece "sdraiato" e fa riferimento al portamento strisciante della pianta.

L'arpagofito è conosciuto in lingua inglese con i sostantivi di: "grapple plant" (pianta rampino), "wood spider" (ragno di legno) e "devil's claw" (artiglio del diavolo): questi nomi sono dovuti alle quattro appendici dure e nastriformi che caratterizzano i suoi frutti ovoidali; queste escrescenze sono dotate di robusti uncini che, penetrando nel corpo o nelle zampe degli animali, procurano serie ferite, costringendoli a compiere una danza "indiavolata".

 

Le proprietà benefiche dell’artiglio del diavolo risiedono nelle sue radici e sono note fin dai tempi più antichi alle tribù africane dei boscimani, degli ottentotti e dei bantu che le utilizzavano per curare febbre, infezioni, ferite e lenire  dolori articolari e problemi gastrointestinali. L’artiglio del diavolo è stato introdotto in Europa nel 1900 da G.H. Mehnert, un soldato tedesco che ha avuto il merito di far conoscere le sue proprietà antinfiammatorie, antireumatiche, analgesiche e digestive prima in Germania e poi in Francia. Ancora oggi è in questi due paesi che l’utilizzo dell’artiglio del diavolo come rimedio naturale è maggiormente diffuso, ma le informazioni diffuse dai media ne hanno agevolato lo sdoganamento in tutto il continente, Italia inclusa, dove l’Arpagofito si trova in vendita nelle comuni erboristerie e online.

 

Sono veramente tantissimi gli studi presenti in bibliografia che hanno evidenziato l’efficacia anti-reumatica, anti-infiammatoria e analgesica degli arpagosidi  (i principi attivi della radice), efficacia paragonabile a quella degli antinfiammatori di sintesi. L’artiglio del diavolo è coadiuvante per artriti, reumatismi, tendiniti, contusioni, dolori di schiena, sciatica, e simili. E’ molto efficace contro torcicollo e altre infiammazioni muscolari, febbre, dispesia,  dolori del parto e artimia. Ha proprietà diuretiche, stimola le funzioni di fegato e cistifellea, riduce gli zuccheri nel sangue e viene anche usato come miorilassante. Oltre alle ormai note proprietà anti-infiammatorie recentemente per l’artiglio del diavolo è stata segnalata anche un’azione ipocolesterolemizzante, ma servono ulteriori ricerche per confermare questa proprietà.

 

L’artiglio del diavolo in crema o gel è forse la formulazione più utilizzata; svolge un’azione localizzata sulle parti infiammate o dolenti, è ottima per i massaggi defatiganti dopo l’attività sportiva e in tutti i casi di piccoli traumi.

La pianta officinale è disponibile in commercio anche in forma di capsule e compresse; dai numerosi studi effettuati,  si è accertato che la quantità minima giornaliera di arpagoside per ottenere dei risultati è di 50 mg per cui, quando si acquistano integratori a base di artiglio del diavolo, è buona regola informarsi preventivamente sul loro contenuto percentuale in arpagoside.

Per quanto riguarda gli effetti collaterali, è considerata una pianta dalla bassa tossicità . Tuttavia il suo uso è sconsigliato in caso di ulcera gastrica o duodenale e reflusso, in quanto, essendo una pianta contenente principi amari, può favorire la produzione di succhi gastrici ed accentuare questi disturbi; proprio per questo, inoltre, va assunto a stomaco pieno. Non va assunta in gravidanza in quanto può stimolare le contrazioni uterine (azione ossitocitica). Può interferire con farmaci anti-coagulanti, cortisonici, anti-aritmici e beta-bloccanti. Inoltre ne è sconsigliata l’assunzione insieme a farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per possibile aumento della gastrolesività.

 


Pubblicato il 04 luglio 2024