La parola al nutrizionista

Il grano saraceno

Introdotto in Valtellina nel 1600 il grano saraceno è divenuto un prezioso alimento per le popolazioni locali, da esso infatti, si ottiene la preziosa farina nera usata per cucinare molti prodotti tipici valtellinesi.

Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) è una pianta a fiore appartenente alla famiglia delle Polygonaceae. La coltura, originaria della Siberia e della Manciuria, si è propagata alla Cina nel secolo X e nel Medioevo è stata introdotta in Occidente, dove era sconosciuta. Per quanto riguarda la Valtellina l’introduzione del grano saraceno viene fatta risalire al 1600, dov'è divenuta una delle colture più caratteristiche di questo territorio.

 

Il grano saraceno si distingue dai comuni cereali per l’elevato valore biologico delle sue proteine, che contengono gli otto amminoacidi essenziali in proporzione ottimale, mentre i cereali “veri” (il grano saraceno, a dispetto del nome, non è un cereale) contengono poca lisina. Rispetto alla farina di frumento, la farina di grano saraceno è priva di glutine ed è quindi adatta per i soggetti celiaci. Esso è inoltre una buona fonte di fibre e di minerali, soprattutto manganese e magnesio.

 

Il grano saraceno è molto utilizzato nella cucina valtellinese; da esso, infatti, si ottiene la tipica farina nera usata per cucinare i pizzoccheri, gli sciat e la polenta nera, che per secoli sono stati dei preziosi alimenti per le popolazioni locali. Al di là di quelli che sono i piatti tipici valtellinesi, oggi il grano saraceno viene utilizzato sia sotto forma di farina (per la preparazione di gnocchi, crespelle, pane, pasta, torte) sia come semi decorticati, molto apprezzati nella cucina macrobiotica, che si possono utilizzare per minestre, zuppe, insalate e polpette.

 


Pubblicato il 01 ottobre 2016