La parola al nutrizionista

Tutto quello che avreste voluto sapere sui cereali

“Cereali” non è, come molti credono, un termine botanico che identifica una determinata famiglia di piante, ma è invece un termine letterario e storico, risalente all'epoca dei Romani, che usavano festeggiare la raccolta di orzo e di frumento offrendo questi prodotti alla dea Cerere, protettrice dei raccolti.

Questo termine indica tutte le «piante erbacee che producono frutti i quali, macinati, danno una farina per produrre pane e altri cibi» e quindi sono cereali non solo le piante monocotiledoni della famiglia delle Graminacee, quali frumento e riso, ma anche grano saraceno, quinoa e amaranto, talora dette impropriamente pseudocereali. I cereali sono coltivati in grandissime quantità in tutto il globo e in molti paesi in via di sviluppo rappresentano l'alimento principale nella dieta della popolazione umana. La diffusa produzione è giustificata dalla facilità di coltivazione anche in condizioni ambientali spesso proibitive per tante altre colture. Sono tutte piante annuali e la raccolta dei semi avviene quando le piante hanno completato il proprio ciclo vitale e sono seccate. Nelle zone sviluppate, il raccolto viene agevolato mediante l'utilizzo di mietitrebbie che provvedono a tagliare, trebbiare e setacciare il campo in un solo passaggio.

Molto probabilmente i cereali sono stati le prime piante ad essere coltivate dall'uomo, che fin dall'antichità ha saputo coglierne l'importanza dietetica e la versatilità d'utilizzo.

Tutti i semi dei cereali hanno una struttura simile, suddivisa in tre parti: l’endosperma interno amidaceo e proteico, il germe o embrione ricco di micronutrienti come vitamine, antiossidanti e grassi insaturi e la crusca esterna ricca di fibre e minerali.

Alcuni cereali come il grano, il farro, l’orzo e la segale sono anche fonte di glutine, un componente proteico che conferisce agli impasti viscosità, elasticità e coesione, tanto che la quantità e la qualità di glutine presente in una farina è un indice fondamentale per valutarne l’attitudine alla panificazione.

Le proteine del glutine sono tuttavia anche responsabili di intolleranze ed allergie, quali la celiachia, che compaiono generalmente in soggetti geneticamente predisposti.

Tutti i cereali sono difficilmente commestibili da crudi ed è per questo che l’uomo ha imparato a macinarli ottenendo farine per la produzione di pane e pasta, oppure a cucinarli ottenendo prodotti quali il bulgur (grano cotto diffuso in Medio Oriente), il cous-cous  ( piatto arabo fatto con semola di grano duro) o il Seitan (derivato dal glutine del frumento e molto diffuso nella cucina orientale). Ma i cereali vengono impiegati anche per la preparazione, a seguito di fermentazione, di bevande alcoliche come whisky e birra (orzo, sorgo), vodka (grano), bourbon americano (segale), sakè giapponese (riso).

I cereali di più largo consumo sono il frumento (o grano), il mais ed il riso. La tipologia più coltivata in Italia, soprattutto al sud, è il grano duro dal quale si ricava la semola per la produzione della pasta, mentre dal grano tenero si ottengono le farine per  pane, pizza, biscotti e paste fresche.

Il farro, resistente al freddo e molto saporito, è stato per secoli il cereale di base per Etruschi e Romani; simile al farro, la spelta, "antenato" del grano tenero, è un cereale molto antico, originato probabilmente 8 000 anni or sono nell'area chiamata storicamente “Mezzaluna fertile”, nel bacino fra Tigri ed Eufrate, è stato oggi riscoperto e valorizzato come alimento salutare e viene coltivato soprattutto nel nord della Spagna.

Kamut è un marchio registrato che designa, da un punto di vista commerciale, una cultivar di grano denominata Khorasan, dal nome di una regione iraniana dove fu descritto per la prima volta nel 1921 e dove ancora adesso si coltiva; esso è  un parente antico del grano duro con un alto contenuto di selenio e proteine.

Avena , sorgo e miglio vengono utilizzati prevalentemente nell'alimentazione del bestiame, anche se  il consumo di questi “cereali poveri” sta aumentando progressivamente perché considerati  di valore nutrizionale superiore. L’avena, ad esempio, è ricca di lisina che è un amminoacido essenziale, mentre il miglio, molto usato dai Greci e dai Romani, diffuso anche nel Medioevo e fino al 1800, è ricco di ferro, magnesio e vitamine del gruppo B.

Tra gli pseudocereali  abbiamo la quinoa,  (coltivata già 5000 anni fa sulle Ande),  l’amaranto  (pianta originaria del centro America) ed il grano saraceno, tutti privi di glutine e ricchi di proteine, di calcio e di lisina, un amminoacido essenziale, carente nella maggior parte dei cereali. Tra questi pseudocereali il più noto è il grano saraceno, il cui nome discende dal fatto che ai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia i maggiori mercanti di questo prodotto erano i Turchi, comunemente chiamati saraceni.

La zona dell'Himalaia orientale fu il probabile centro primario di addomesticazione di questa pianta che fu introdotta in Europa, attraverso la Russia, nel tardo Medioevo e  documentata per la prima volta in Italia a metà del XVI secolo in un atto relativo alle proprietà della famiglia Besta di Teglio in Valtellina con il nome di “formentone”.  In questa zona la farina ottenuta dai semi triangolari del grano saraceno trova impiego nella preparazione di piatti tipici quali la polenta taragna (farina di mais e grano saraceno), i pizzoccheri (farina di frumento e grano saraceno) e le manfrigole.

Da 10.000 anni a questa parte, dunque, l’uomo ha costantemente selezionato i cereali migliori, prima su basi totalmente empiriche e poi, a partire dai primi del ‘900, sfruttando le scoperte della   genetica. Alla base di tutto il lavoro di miglioramento c’era, e c’è tuttora, l’esigenza di aumentare la produzione per unità di superficie in un contesto sostenibile; la sfida di oggi è quella di costituire nuove varietà adatte ad una agricoltura a basso impiego di energia (fertilizzanti, carburanti, erbicidi, antiparassitari), e quindi a basso costo ed a ridotto impatto ambientale. In un pianeta dove 800 milioni di persone non hanno accesso al cibo e circa 2 miliardi soffrono di malnutrizione è imprescindibile che i genetisti lavorino per realizzare varietà certamente più produttive ma anche resistenti a malattie, insetti e stress ambientali (siccità, freddo, salinità), al fine di proteggere i raccolti ed estendere la coltivazione ai terreni cosiddetti “marginali” attualmente non utilizzabili, ma senza dimenticare il miglioramento delle caratteristiche nutrizionali dei semi (per esempio elevando il contenuto di aminoacidi essenziali, modificando il contenuto lipidico ecc.) e l’aumento della conservabilità dei prodotti.


Pubblicato il 20 aprile 2020