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La radice dei barbari

Il significato etimologico del termine rabarbaro deriva dall’unione di due parole greche ‘ra’ (radice) e ‘barbaron’ (dei barbari). Tale nome è stato attribuito alla pianta in ragione del fatto che il rizoma tagliato ed essiccato giungeva dall’Oriente lungo le vie della seta.

Il rabarbaro è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Poligonacee; è presente allo stato selvatico in Europa e in Asia con circa 60 specie. Dotata di un grande rizoma, può raggiungere un’altezza attorno ai due metri. Le foglie sono grandi e sorrette da un lungo stelo carnoso. L'uso del rabarbaro a scopo medicinale ma anche alimentare ha origini antichissime in alcune popolazioni asiatiche: sembra che i Cinesi lo usassero già dal 2700 a.C. e che rientrasse fra gli alimenti tradizionali delle popolazioni mongole.

 

Il significato etimologico del termine rabarbaro deriva dall’unione di due parole greche ‘ra’ (radice) e ‘barbaron’ (dei barbari). Tale nome è stato attribuito alla pianta in ragione del fatto che il rizoma tagliato ed essiccato giungeva dall’Oriente lungo le vie della seta. La sua diffusione in Occidente, tuttavia, ha origini recenti: l’importazione della pianta fresca, sconosciuta in Europa fino al Settecento, sembra si debba a Caterina II di Russia. La sua diffusione sui nostri territori è comunque piuttosto limitata, riservata soprattutto al Nord Europa (il rabarbaro ama climi freschi) o agli orti di montagna (perfetti quelli sopra gli 800 metri).

 

L'uso medicinale del rabarbaro riguarda il rizoma, che è un regolatore delle funzioni digestive e in erboristeria vengono impiegate le parti ipogee del Rheum officinale e del Rheum palmatum, o rabarbaro cinese. A dosi basse stimola la secrezione gastrica e la secrezione biliare, pertanto ha proprietà aperitive, digestive e depurative del fegato. La radice di rabarbaro è soprattutto usata come lassativo: blando a dosi basse, energico a dosi più alte. Studi clinici attribuiscono al rabarbaro anche una funzione antisettica nei confronti delle infezioni intestinali e di decongestionante nelle irritazioni della mucosa intestinale.

 

Il rabarbaro viene impiegato sotto forma di tinture madri per realizzare impacchi cicatrizzanti, e sotto forma di  creme per curare infezioni anche di tipo virale quali l’herpes labiale. Invece, ad uso cosmetico, il rabarbaro viene sfruttato prevalentemente per la preparazione di tinture per i capelli,  che donano alla chioma una nuance biondo dorata e coprono i capelli bianchi.

 

Anche l’uso del rabarbaro in campo alimentare ha origini antichissime: grazie al suo sapore fruttato-acidulo e alla sua profumazione tipicamente aromatica, la pianta asiatica si presta ad impreziosire svariate ricette, sia dolce che salate. Parlando di rabarbaro come alimento si pensa subito alle caramelle della nonna o al famoso liquore, ma questi sono ottenuti ancora con il rizoma della pianta, mentre la parte commestibile dell’ortaggio è il gambo, che si presta ad essere consumato sia crudo che cotto. Al contrario, l’uso delle foglie come succedaneo degli spinaci è sconsigliato per l’elevato contenuto di acido ossalico che, oltre a irritare la mucosa intestinale e favorire la formazione di calcoli renali, a dosaggi elevati è tossico.

 

Prepararlo è facile: le coste vanno pulite dai filamenti (come fossero gambi di sedano), tagliate a tocchetti e lasciate marinare per qualche ora con un po’ di zucchero. Il primo e più semplice uso è la preparazione di una composta, ottima da sola, deliziosa con panna montata, yogurt greco o panna acida. Interprete di dolci caratteristici tutti giocati sul contrasto fra dolcezza e acidità, il rabarbaro si accompagna a meraviglia con i frutti rossi (fragole e lamponi) in torte, crumble e dessert al cucchiaio di suggestione anglosassone (ricette notevoli si annoverano tra Gran Bretagna e Australia), ma si sposa anche con albicocche e spezie (zenzero, anice stellato, vaniglia).   

 

Il rabarbaro si abbina con grande versatilità a verdure, pollame e pesce, cui conferisce un inedito quanto piacevole tocco asprigno a contrasto e si può accostare anche alla carne di vitello, maiale o al pesce. In piccole quantità può arricchire con il suo tocco stuzzicante un curry o una salsa piccante che, come la confettura, si accompagnano splendidamente al formaggio, sia fresco che stagionato.

 

Gli inglesi hanno inventato un metodo per ottenere gambi di rabarbaro ancora più succulenti e dolci anche fuori stagione: è la forzatura della pianta di rabarbaro che viene praticata nel cosiddetto “Triangolo del Rabarbaro nello Yorkshire. I rizomi del rabarbaro vengono coltivati in capannoni al buio con una temperatura controllata e poi raccolti a lume di candela. I gambi di rabarbaro così ottenuti sono di qualità superiore perché, non avendo prodotto clorofilla, tutte le parti verdi del gambo rimangono di colore bianco-rosato e quelle rosse ancora più accentuate. Anche il gambo perde buona parte della sua consistenza fibrosa diventando più tenero e più zuccherino, tanto che lo si può mangiare anche crudo.

 

È  breve il tempo del rabarbaro, la cui stagione di raccolta va da aprile a giugno: è uno dei pochi prodotti ancora veramente stagionali della nostra agricoltura e infatti si trova in commercio solo a primavera. Lo si può acquistare sulle bancarelle dei mercati e oggi anche in alcuni supermercati e conviene approfittare di questi mesi per fare conoscenza con le molteplici virtù gastronomiche della pianta, che si può anche congelare e gustare nel resto dell'anno. Incontrarlo non è scontato: per questo, non bisogna lasciarselo sfuggire. Non ne sarete delusi!


Published 28 February 2023