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La vitamina del sole

La vitamina D o vitamina del sole è una vera alleate della salute. La sua funzione principale e più nota è quella di favorire il processo di mineralizzazione dell'osso, è infatti dimostrato che la vitamina D aiuta a prevenire le fratture negli anziani ed è anche fondamentale per sostenere il corretto sviluppo dei più piccoli.

Per vitamina D, in realtà, si intende un gruppo di 5 diverse vitamine di cui le più importanti sono la vitamina D2 presente in alcuni vegetali e la vitamina D3 sintetizzata negli organismi animali. Quando durante le belle giornate si trascorre più tempo all’aria aperta esposti all’azione benefica dei raggi solari che permettiamo al nostro organismo di sintetizzare questa sostanza fondamentale per la nostra salute: la radiazione ultravioletta, infatti, trasforma un grasso presente nella pelle, simile al colesterolo, in vitamina D3 attiva. La vitamina D prodotta a seguito dell’esposizione al sole durante la bella stagione viene accumulata nel fegato che la rilascia a piccole dosi quando serve. La funzione principale e più nota della vitamina D è quella di favorire il processo di mineralizzazione dell'osso, aumentando l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio, e diminuendo l’escrezione di calcio nell’urina.  Numerosi studi hanno dimostrato che la vitamina D migliora la densità minerale delle ossa, aiuta a prevenire le fratture negli anziani e nelle donne dopo la menopausa ed è anche fondamentale per sostenere il corretto sviluppo dei più piccoli. La densità ossea ottimale, comunque, si costruisce durante l’arco dell’intera vita, anche attraverso l’esercizio fisico. 

 

La carenza di vitamina D, frequente molti anni fa specie nei paesi nordici, che per molti mesi all'anno hanno poco o niente sole, causa una tipica malattia dell'infanzia, il rachitismo. Si tratta di una malattia caratterizzata da una difettosa mineralizzazione dell’osso, che lo rende più fragile e deformabile, e ne determina tipiche deformità. Nell'adulto, la carenza di vitamina D causa una malattia simile, chiamata osteomalacia ed inoltre rende  i denti più deboli e vulnerabili alle carie. La carenza di vitamina D, però,  non ha solo un impatto negativo sulla salute dello scheletro, ma secondo alcuni ricercatori potrebbe facilitare anche lo sviluppo e la progressione di molte ‘malattie della civilizzazione’, come disturbi cardiovascolari, diabete, malattie autoimmuni e cancro. L’ipovitaminosi D può essere dovuta a cattive abitudini come il fumo di sigaretta, l’obesità, l’alcolismo, ma anche a cause naturali come l’età avanzata e l’allattamento al seno, nonché ad alcune intolleranze alimentari, come la celiachia.

 

Nel mondo occidentale la carenza di vitamina D risulta essere particolarmente diffusa, ma ciò che potrebbe risultare sorprendente è che è più diffusa fra i Paesi del bacino del Mediterraneo rispetto ai Paesi del Nord Europa, una situazione che prende il nome di “paradosso scandinavo”. Infatti, sul piano teorico, la presenza di un ridotto irraggiamento solare dovrebbe portare ad una maggiore prevalenza di ipovitaminosi D nei paesi più lontani dall’Equatore. Invece alcuni paesi del Nord-Europa hanno intrapreso una politica di fortificazione degli alimenti, soprattutto latte di soia, latte di mucca (fortificato per legge negli USA), succo d’arancia, cereali e farina d’avena, con vitamina D2. In questi paesi, inoltre, c’è un maggiore consumo di pesce, che è la fonte alimentare più ricca di vitamina D. Trattandosi di una vitamina liposolubile, il suo contenuto è maggiore nei pesci più grassi, quali salmone, sardine, aringhe, sgombri, tonno. Tutti i pesci concentrano quantità molto elevate di vitamina D nel loro fegato:  per questa ragione l’olio di fegato di merluzzo è stato a lungo considerato come l’integratore alimentare per eccellenza di vitamina D. Per la stessa ragione, tutti i pesci piccoli che vengono consumati interi, e quindi anche con il loro fegato, apportano quantitativi notevoli di vitamina D.

 

I funghi sono gli unici alimenti di origine non animale che possono contenere quantità significative di vitamina D nella forma D2 il cui contenuto è tuttavia fortemente influenzato dall’esposizione al sole. Nei funghi allevati al buio, come i comuni champignons bianchi, il contenuto di vitamina D è abbastanza basso, mentre in quelli selvatici o cresciuti alla luce può essere decine di volte superiore. Per fortuna, diversi esperimenti hanno dimostrato che anche dopo la raccolta, l’esposizione al sole induce la formazione di vitamina D nei funghi. L’esposizione al sole per circa mezz’ora degli champignons freschi, già pretagliati, ne aumenta il contenuto di circa 40 volte. Per la stessa ragione  anche i funghi essiccati al sole diventano molto ricchi di vitamina D: ecco perché, nell’acquistare dei funghi secchi è importante  ricercare la menzione ‘essiccati al sole’.

 

Altre fonti alimentari di vitamina D sono il fegato di bovino, il burro, il tuorlo d’uovo, i formaggi grassi, ostriche e gamberi. Per fortuna, la vitamina D è una molecola molto stabile: non viene danneggiata dal calore o dalla cottura, ed è solo moderatamente sensibile alla luce. Resiste alla conservazione prolungata degli alimenti, e quindi si trova anche negli alimenti conservati in scatola, come il tonno o le sardine. Resiste altrettanto bene al congelamento e rimane, quindi, anche nel pesce surgelato. Trattandosi di una molecola liposolubile, non viene dilavata dal lavaggio dei cibi o dalla bollitura in acqua.

 


Published 13 January 2022