La parola al nutrizionista

La genziana, panacea delle Alpi

All’inizio dell’estate i prati alpini si riempiono di una varietà di fiori allegra e colorata tra i quali spicca, per la sua incredibile bellezza, la genziana, un fiore blu a forma di calice e senza stelo, il fiore alpestre per eccellenza, quasi a voler simboleggiare la flora che caratterizza le zone situate a maggior altitudine.

Le specie che fanno parte del genere Gentiana sono assai numerose, e hanno tutte in comune una caratteristica molto importante: le loro radici hanno proprietà officinali grazie al loro contenuto di principi amari, aperitivi e digestivi insieme, capaci di sollecitare le funzioni dell’apparato digerente attivando l’attività dei succhi gastrici e la produzione di bile. L’amarogentina, la principale sostanza responsabile del sapore amaro della genziana, è il composto naturale più amaro che sia mai stato isolato.

 

Una delle specie più importanti e diffuse è la Gentiana lutea che può essere alta anche più di un metro ed ha i fiori gialli, da non confundere con un’altra pianta molto simile, il Veratro, che però è tossico. Particolarmente presente in Valtellina è la Gentiana purpurea dai fiori delicatamente profumati che rappresenta una delle più tipiche espressioni della flora alpina

 

Il nome “genziana” deriva da Genzio, re dell’Illiria, (regione attualmente corrispondente alla parte occidentale della penisola balcanica), che per primo ne scoprì le virtù terapeutiche. Sembra che questo sovrano, che regnò dal 180 al 167 a.C., utilizzò la radice di genziana macerata e poi bollita per curare una febbre molto alta. Anche i Greci la utilizzavano come antipiretico e lassativo, mentre presso i Romani veniva impiegata nel trattamento dei disturbi intestinali e per le sue proprietà vermifughe. La genziana è citata anche da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) come ottimo antidoto contro il veleno dei serpenti.

 

Le genziane, e soprattutto la Gentiana lutea, sono specie protette in molti Paesi, perché la raccolta incontrollata delle loro radici ha portato a un declino delle popolazioni naturali. La difficoltà di coltivazione della pianta, dovuta ai lunghi tempi di crescita (la radice diventa matura solo dopo 5-10 anni), ha reso necessario regolamentare e limitare l’uso delle piante selvatiche per evitarne l’estinzione. Queste piante svolgono un ruolo ecologico di grande importanza negli ecosistemi montani, contribuendo a mantenere la biodiversità e offrendo riparo a numerose specie di insetti impollinatori, come le farfalle e i bombi, attratti dai loro fiori vivaci.

 

In Italia le genziane sono specie protette su tutto il territorio nazionale e quindi  non possono essere raccolte liberamente; la radice essiccata di genziana può e deve essere comodamente acquistata in erboristeria. L’infuso di radice di genziana è un ingrediente fondamentale in molte bevande alcoliche tradizionali; il suo sapore, decisamente amaro e persistente, viene bilanciato da altre erbe aromatiche o spezie, creando prodotti dalle proprietà organolettiche uniche. Celebre è, ad esempio, l'Amaro Sibililla, prodotto nell'appennino marchigiano proprio con questa erba sin dal lontano anno 1868, ma è anche tra gli ingredienti del Fernet Branca e dell'Aperol.

In Abruzzo è famoso ed esportato in tutto il mondo il Liquore di genziana, preparato secondo ricette locali che variano da località a località. Tra queste è molto ricercata quella tipica del contado di L’Aquila che prevede, tra gli ingredienti, il vino povero di vigne montane, il cosiddetto acetello, che conferisce all’infuso un inconfondibile e pregiato retrogusto amarognolo.

 


Pubblicato il 22 luglio 2025