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Primavera: le erbe selvatiche da raccogliere

Passeggiare in campagna, durante la stagione primaverile, può rivelarsi un passatempo sano e rilassante, ma potremmo anche renderlo gustoso raccogliendo le numerose erbe commestibili in cui è possibile imbattersi nelle radure, nei boschetti, lungo i canali, accanto ai corsi d’acqua e nei prati.

Ovviamente dovremo scegliere per la nostra raccolta luoghi lontani da centri abitati, strade, industrie e discariche, evitando anche le zone dove pascolano animali ed i campi coltivati in cui si fa uso di pesticidi ed erbicidi. Prediligeremo invece prati puliti e soleggiati in aperta campagna, o le radure nei boschi, nelle quali i raggi del sole, penetrando fra le cime degli alberi, favoriscono la crescita di erbe selvatiche rigogliose e sane. Una sola raccomandazione: se non siamo più che certi della specie, è preferibile non coglierla, per non incorrere in errori di classificazione pericolosi, in quanto alcune piante commestibili somigliano ad altre che sono invece tossiche. Naturalmente non dovremo esagerare nella raccolta,  per evitare di depauperare il territorio della sua ricchezza e biodiversità naturale.

 

Le erbe selvatiche che si possono raccogliere sono davvero tante e tra queste le più note sono: malva, tarassaco, cicoria selvatica, ortica, luppolo, rosolaccio, borragine e portulaca. Normalmente si raccolgono le foglie, da consumare crude in insalata o cotte, semplicemente bollite o saltate in padella, o come ingrediente di minestre, frittate,  risotti e pasta ripiena.

 

Di alcune piante si utilizzano anche i fiori: che possono essere aggiunti crudi nelle insalate o messi sott’aceto, come i capperi;  oppure per guarnire torte e crostate o per preparare ottimi sciroppi.

 

La conoscenza dell'uso delle specie vegetali a scopo alimentare viene oggi chiamata “fitoalimurgia”; l’entusiasmo per le erbe selvatiche è un fenomeno moderno sull’onda del ritorno ai cibi naturali e presumibilmente biologici e per la nuova fiducia nelle loro proprietà terapeutiche. Ma  dobbiamo invece ricordarci che, per millenni, la raccolta delle erbe presenti in natura è stato il sostentamento dell’umanità, in quanto  caccia e  pesca sopperivano per il 15% circa del fabbisogno alimentare, ma l’85% era costituito dalla raccolta nel regno vegetale.

 

L’uso di erbe spontanee come alimento era normale presso tutti i popoli e nelle comunità antiche il saper riconoscere e utilizzare le piante selvatiche era una delle abilità fondamentali delle donne. Anche in tutta Italia un tempo la raccolta delle erbe spontanee era diffusa e costituiva un'importante risorsa per arricchire la mensa delle popolazioni rurali durante i periodi di carestia. Proprio per questo l’uso delle erbe selvatiche si ritrova nella tradizione antica della cosiddetta “cucina povera”,  quella del popolo, dei contadini, espressione dell’arte della cucina che si mescola con un’altra arte ben conosciuta, quella di arrangiarsi. La cucina povera richiede poca spesa e molta fantasia e propone ricette preparate con ingredienti semplici e genuini, secondo la tradizione locale, utilizzando ciò che è disponibile in casa, compresi gli avanzi del giorno prima.

 

Ma oggi sono poche le persone capaci di individuare e riconoscere le varietà commestibili di quelle erbe selvatiche che sono state il fondamento della “cucina povera”.   Raccogliere erbe selvatiche significa dunque non solo riappropriarci del rapporto con la natura e scegliere cibi di stagione ma anche salvaguardare un imponente patrimonio culturale, tramandato fino a noi di generazione in generazione e fatto di nomi dialettali, di ricette gustose, di credenze e curiosità.

 


Published 09 March 2021